Abbas Saffari: 'Cena di sabato sera'
Abbas Saffari
Cena di sabato sera
La cipolla, la grattugerò
perché non si secchi la mia fonte di lacrime.
La patata, la pelerò
per il tuo gioco di prestigio con la pelle.
Lascia che suoni Nusrat Fateh Ali Khan, il menestrello sufi
perché ci apra una finestra su Konya,
una finestra adorna di narcisi, sonnolenta e languida,
e piena di piccioni viaggiatori.
Se chiamano
da MasterCard
o dall'Agenzia delle io-non-ho-affatto Entrate
di' loro che sono andato in Kashmir
a cercare la palla da polo persa da tempo dal re indiano Aurangzeeb,
e che non è chiaro quando tornerò.
Non ridere, mia cara!
Le incomprensioni culturali
allontanano i seccatori
più in fretta di una vuota conversazione.
Ora, mentre questo riso indiano invecchiato cuoce,
metti due bicchieri, labbro a labbro, vicino alle nostre mani
della nostra annata più vecchia, quattro anni
e un ricordo del secolo scorso.
Un sorso di buon vino
è sufficiente a cancellare un secolo intero dalla memoria.
Sorso dopo sorso
possiamo tornare così indietro
che dopo cena
possiamo trovarci al chiaro di luna
tra i palmeti della Mesopotamia,
e verso mezzanotte
in un luogo primordiale nudo
e sconfinato.
(da 'Fiammiferi bruciati', 2005)
[ FONTE ]
Abbas Saffari (Yazd, 1951 – Long Beach, Florida, 26 gennaio 2021)
[ Poeta iraniano. Nel 1979, all'avvento di Khomeini, riparò negli Stati Uniti, dove fondò alcune riviste di esuli e tradusse Ezra Pound. Le sue poesie sono caratterizzate da giochi di parole e senso dell'umorismo. ]