Marina Cvetaeva: 'Poema della fine, 5'
Marina Cvetaeva
Poema della fine, 5
Colgo il movimento delle labbra.
E so - non parlerà per primo.
«Non mi amate?» - «No, ti amo.» -
«Non amate!» - «Ma mi tormento,
ma sono ubriaco, sono distrutto.
(Scrutando come un'aquila il posto):
Scusate, ma questa è una casa?» -
«La casa è nel mio cuore.» - «Letteratura!
L'amore è carne e sangue.
Fiore innaffiato del proprio sangue.
Voi credete che l'amore sia
discorrere davanti a un tavolino?
Un'oretta - e poi a casa?
Come quei signori e quelle dame?
L'amore, questo vuol dire...»
«Un tempio?
Bambina, sostituite con una cicatrice
la cicatrice!» - «Sotto lo sguardo dei servi
e degli ubriaconi? (Io, senza suono:
L'amore vuol dire: un arco
teso: l'arco: la separazione).
L'amore vuol dire - legame.
Per noi tutto è separato: le bocche e le vite.»
(Te l'avevo pur chiesto: non dare il malocchio!
In quell'ora, segreta, vicina,
in quell'ora sulla cima della montagna
e della passione. Il memento è uno svaporare:
l'amore vuol dire tutti i doni
nel rogo - e sempre per nulla!)
La cavità a conchiglia della bocca
è pallida. Non sogghigno - inventario.
«E prima di tutto un solo
letto.»
«Un solo abisso, volevate
dire?» - Tamburo battente
delle dita. - «Non smuovere montagne!
L'amore vuol dire...» -
«Mio.
Vi capisco. Deduzione?»
Il tamburo battente delle dita
cresce (Patibolo e piazza.)
«Partiremo». - «E io: moriremo,
speravo. È più semplice!
Basta con i bassi prezzi,
rime, rotaie, alberghi, stazioni...»
«L'amore vuol dire: vita.»
«No, in altro modo era chiamato
dagli antichi...» -
«E così?
(Un brandello
di fazzoletto nel pugno, come un pesce).
Così, partiremo?» - «Il vostro itinerario?
Veleno, rotaie, piombo - a scelta!
La morte - e nessuna installazione!»
- «La vita!» - Come un condottiero romano,
scrutando aquilino delle truppe
i resti.
- «Allora ci diremo addio.»
(da 'Poema della fine', 1926 - Traduzione di Pietro Antonio Zveteremich)
[ FONTE ]
Marina Ivanovna Cvetaeva (Mosca, 8 ottobre 1892 - Elabuga, 31 agosto 1941)
[ Poetessa e scrittrice russa. Divenuta una delle migliori voci del Simbolismo russo, fu invisa al regime stalinista. Esule a Berlino e Parigi, tornò in patria nel 1939 alla ricerca del marito, fucilato dall'NKVD e della figlia, prigioniera in un campo di lavoro. Disperata e isolata, si uccise nel 1941. ]