Giovanni Giudici: 'Versi in una domenica di Pentecoste e di elezioni'
Versi in una domenica di Pentecoste e di elezioni
Spacchi il torrone alla fiera e spacchi la storia
degli uomini – la mia
notte in due tentativi
di prendere il sonno, distacchi
i fili, capovolgi
le statue degli eroi sulle fontane,
Aspetto che ti scateni
e che mi tremi dentro
l'anima – ad un supposto
abbattersi di mazza
su me nudo
untore, a questa piazza
in fermento.
Dovrò reggerti ancora
in me senza conoscerti – tu, fermo
segno del mio mutare – in me più forte
di te fino al momento
che romperai l'incognito?
Qui il più grande è il più vile, il più sicuro
di sé chi affida il duro
ammicco verso il complice – dal muro
le spie strappano bandi, taglie, insidiano
fabbriche e dighe...
Non mi credi?
Attesta
la mia parola la disubbidienza
civile, la protesta
del tuo popolo: punto sulla terra
i piedi, alzo la testa
benché mi pesi – ad aspettarti.
Ma lo spazio d'una vita non basta
a rivelarti.
1958
(da 'La vita in versi', Mondadori, 1965)
[ FONTE ]
Giovanni Giudici (Porto Venere, 26 giugno 1924 – La Spezia, 24 maggio 2011)
[ Poeta e giornalista italiano. Della sua formazione cattolica e del suo lavoro nell'industria ha fatto i poli di una tensione che lo trascende e caratterizza il suo impegno civile. Numerose le sue traduzioni: Robert Frost, Sylvia Plath, Jiří Orten, Ezra Pound, John Crowe Ransom e Aleksandr Puškin. ]
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