• default style
  • blue style
  • green style
  • red style
  • orange style
Venerdì 19 Apr 2024
You are here: Home Poesie d'Autore Aganoor, Vittoria Vittoria Aganoor: 'Inferma'
  • Increase font size
  • Default font size
  • Decrease font size

Vittoria Aganoor: 'Inferma'

Stampa PDF

Vittoria Aganoor

Inferma



Eccola finalmente
la sera! Io dal mio letto
guardo con le pupille sonnolente
un fil di luna, che traverso i vetri
viene della malata solitaria
la buia stanza a popolar di spettri.

Viene, va, la veloce
schiera dell'ombre, e tutte
hanno forme diverse, hanno una voce
diversa, e sveglia nel passar ciascuna
ombra un pensiero, un sogno, una memoria,
poi sfuma cheta al lume della Luna.

Parlano, o nelle mani
bianche stringono bianche
carte. Io leggo i caratteri lontani
senza schiuder le ciglia. È l'infinita
schiera delle parole udite o lette
palpitando, nel sogno o nella vita.

Parole come impresse
sul foglio con un ferro
rovente; così a noi parve, e che ardesse
quel foglio; e alzammo gli occhi e in ogni parte
li volgemmo a veder se ancora i nostri
compagni: i libri, i mobili, le carte,

dinanzi, intorno, accosto
a noi, fossero sempre
impassibili, là, ciascuno al posto
di prima, folla indifferente e ignava,
mentre la nostra ultima fede in una
oscura immensità precipitava.

Parole dall'accento
portentoso; parole
che come una gagliarda ala di vento
strapparon via le nebbie ad una nera
giornata di dicembre e ai campi, e ai prati
fulse improvviso il sol di primavera.

Parole di preghiera,
di tenerezza, un giorno
non curate, e la cui voce sincera,
da un vecchio foglio emersa, ora soltanto
ci asseta d'un amor senza ritorno
e ci gonfia i pentiti occhi di pianto!

Parole di comando,
di tuono, che i dispersi
soldati, vinti dal terrore, quando
la speranza è perduta, e dallo spalto
nemico infuria il foco, arresta nella
fuga, e rimena docili all'assalto.

Parole dell'accusa;
sottili, avvelenate
come pugnali, che il pensier ricusa
d'intendere, che il core sbigottito
non frena, e fra due strette anime innalzano,
rapidamente, un muro di granito.

Parole dei morenti;
rotti, misterïosi
da bianche labbra balbettanti accenti,
dove già parla come il sogno immenso
d'un'altra vita, e noi lascian pensosi,
finché viviam, del loro occulto senso!

Tutte, tutte io le sento
venir, fuggir veloci,
leggiere, e nel mio capo, sonnolento
di febbre, sveglia nel passar, ciascuna
ombra, un pensiero, un sogno, una memoria;
poi sfuma cheta al lume della Luna.


Vittoria Aganoor Pompilj (Padova, 26 maggio 1855 – Roma, 9 aprile 1910)

[ Poetessa italiana. La sua poesia, di uno spiritualismo che, pur risentendo di una certa atmosfera decadente, è testimonianza di un'autentica ansia di ricerca, toccò le sue note più alte nei toni elegiaco-amorosi. ]

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione proprio. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei “social plugin” ed attribuibili a Facebook, Twitter, Pinterest, Google, etc. Se accedi ad un qualunque elemento sottostante o chiudi questo banner, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi saperne di più sull’utilizzo dei cookie, in genere e nel sito e, sapere come disabilitarne l’uso, leggi l'Informativa sull’uso dei Cookie. Informativa Privacy e uso Cookie.

Accetto i Cookie da questo sito.

EU Cookie Information