Ángel González: 'Testo da cantare la domenica'
Ángel González
Testo da cantare la domenica
E alla fine non è rimasto niente:
né le foglie degli alberi
— acacie —, né il vento della sera,
né l'allegria, né la disperazione.
La carezza che avrebbe potuto sfiorare
la pelle, non si è verificata perché
quella pelle non era la tua,
né erano tuoi
gli occhi che mi guardavano,
né il desiderio
— che in un altro tempo sarebbe stato
sufficiente — aveva
senso, deviato
dal tuo stesso alveo.
Alla fine era trascorso un giorno,
e sentendolo divenuto ombra, polvere, nulla,
ho compreso che la luce che aveva riempito
le sue ore,
e tutte le parole
che hanno occupato la mia bocca, e i gesti
delle mie mani,
la fatalità dei miei propositi,
le strade che ho percorso passo dopo passo,
il vino che ho bevuto, la gioia
di saperti esistere nel medesimo
istante,
non erano soltanto il ripetuto disastro
del Giorno del Signore, ma un altro
giorno senza di te:
ho compreso con dolore che mai, mai più
per me ci saranno domeniche o speranza
fuori dal tuo sguardo e dal tuo sorriso,
lontano dalla tua presenza calda e chiara.
(da 'Trattato di urbanistica', 1967)
[ FONTE ]
Ángel González Muñiz (Oviedo, 6 settembre 1925 – Madrid, 12 gennaio 2008)
[ Poeta spagnolo della "Generazione del '50". Premio Principe delle Asturie nel 1985 e Premio Regina Sofia nel 1996. La sua opera mescola intimismo e poesia sociale con un tocco ironico. Il passare del tempo, l'amore e la civilizzazione sono i suoi temi ricorrenti, giocati su toni di un'ottimistica malinconia. ]
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